a cura di Angelo Grasso, consulente tecnico di gelateria Che bello quando sono a casa! La sera, prima di coricarmi, “carico” la mia vecchia Bialetti da “tre caffè” e la metto sul fornello più piccolo della cucina a gas. Poverina! Lei mi aspetta in solitudine tutte la notte senza batter ciglio. Ma la mattina quando, arrancando, mi alzo dal letto, cercando sia di focalizzare quell’ultimo sogno che non si vuol far ricordare, sia di far mente locale a ciò che mi sono prefissato di fare durante la giornata, vado in cucina la guardo e accendo il gas. Dopo qualche minuto la vecchia ma fedele caffettiera (negli anni ho sostituito già sei volte la guarnizione), comincia a emettere con orgoglio un rassicurante, ininterrotto gorgoglio … ci siamo … si comincia con un caffè! Cosa c’è di più bello di quando, nella migliore tradizione italiana, ci si risveglia degustando quella calda bevanda nervina che ci da una prima sferzata d’energia, è il vero e proprio “start” per cominciare una nuova giornata. È innegabile che la vita della maggior parte degli italiani sia scandita dalla piacevole abitudine di “prendersi un caffè”, inteso come momento di ristoro, di pausa e, perché no, di comunicazione. Per questo motivo, in gelateria il mantecato di caffè ha grande rilevanza; classico o aromatizzato secondo la fantasia e l’estro dell’operatore. Per non parlare di uno dei cavalli di battaglia della gelateria italiana che è la granita al caffè, orgoglio e vanto di molti operatori soprattutto nel sud del nostro Paese.
IL CAFFÈ Si tratta della bevanda nervina più consumata nella fascia occidentale del mondo deriva da bacche che si colgono da due piante appartenenti alla stessa famiglia che producono, però, caffè di differente qualità: la coffea arabica e la coffea canephora, più note con i nomi di arabica e robusta. Ciò che le distingue è la percentuale di caffeina contenuta nei loro frutti: l’1,3 – 1,7% l’arabica, sino a tre volte tanto (dal 2 al 4,5%) la robusta. Le due piante crescono nella fascia terrestre compresa tra i tropici e l’equatore ma prediligono altitudini differenti: l’arabica, estremamente delicata, prospera intorno ai 2000 metri d’altezza, mentre la robusta, tenendo fede al suo nome, è molto resistente e cresce in pianura sopravvivendo al difficile clima tropicale. I caffè sono, di conseguenza, diversi: molto profumato, aromatico e quasi “cioccolatoso” il primo, spigoloso e più amarognolo il secondo. TRA LEGGENDA E REALTÀ Una leggenda narra che in Arabia un pastore, avendo portato al pascolo le sue capre, notò sbigottito che esse, dopo aver mangiato le bacche di una pianta che cresceva spontanea, mostravano segni di eccitamento. Non riuscendo a spiegare l'accaduto, lo raccontò a un’anziano del villaggio che intuendo le proprietà della pianta, ne fece una bevanda amara e aromatica che, oltre a riscaldare il corpo, lo rinvigoriva liberandolo da sonno e stanchezza. Leggende a parte, i semi di caffè furono trafugati dai loro luoghi originari da alcuni viaggiatori olandesi che avviarono con successo numerose coltivazioni in diverse parti del mondo. All’inizio del milleseicento, il caffè fece la sua comparsa in Europa grazie ai commercianti veneziani. Venezia fu la prima città italiana che conobbe l'aroma del caffè, che poi si diffuse in tutta la penisola. La più antica “Bottega Del Caffè” d'Europa, il Caffè Florian, si trova tuttora sotto i portici di Piazza San Marco. FA BENE O MALE In passato il caffè non era certo visto di buon occhio e spesso erano proprio i medici a sconsigliarne l’uso, oggi la scienza ha finalmente chiarito molti suoi aspetti: la sua natura e i suoi rapporti con la salute. In pratica, i semi del caffè sono costituiti da glicidi, sostanze azotate, sostanze grasse, sali minerali e, come componenti specifici, da un depside dell’acido chinico e dell’acido caffeico detto acido clorogenico, un flobotannino, l’acido caffetannico, la caffeina e la trigonellina. In sintesi, si può tranquillamente affermare che il caffè è un concentrato di numerosissime sostanze, molte delle quali con attività biologica, e che, se consumato senza esagerare, non solo non fa male, ma può addirittura aiutare a stare meglio. QUELLO LIOFILIZZATO La tecnica di liofilizzazione viene messa a punto intorno al 1930: a differenza di altre metodologie di lavorazione (l’essiccazione, per esempio), tutela la qualità degli alimenti evitando alterazioni alle sostanze che li compongono. Il caffè liofilizzato non è altro che caffè concentrato, rapidamente surgelato e sublimato dell’acqua nel momento in cui lo stesso è allo stato solido. LE RICETTE Produrre il gelato di caffè utilizzando il liofilizzato è molto semplice; ne basta una quantità che può variare dai 10 ai 15 grammi per g 1.000 di miscela. Per contro, quello che preferisco “l’espresso”, si ottiene per “reintegrazione” del latte con l’acqua del caffè espresso “lungo”. In questa miscela, secondo ricette che sono state spesso accantonate, è presente anche il tuorlo dell’uovo. La miscela di caffè espresso si può produrre sia con il pastorizzatore (in quantità importanti) sia con la macchina combinata (anche in quantità modeste).
Provare per credere, e soprattutto … buon caffè a tutti! Letture correlate:
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