Recentemente abbiamo avuto presso la redazione di Gelato Artigianale, una riunione strategica sul programma 2022/2024 e le preoccupazioni legate all’incremento del costo delle materie prime erano palpabili sui volti di fornitori e collaboratori. Il prezzo della carta, che per una rivista è paragonabile alla base in un laboratorio di gelateria, è recentemente incrementato del 40% e anche i tempi di fornitura sono quadruplicati. L’aumento dei costi è tendenziale anche in gelateria, con un aumento medio del 12%. Negli stessi giorni abbiamo analizzato anche l’andamento dei costi e dei ricavi degli ultimi 20 anni e, con un pizzico di delusione, ci siamo resi conto che 12 milioni di lire di una Campagna Pubblicitaria nel 2001 (poi diventati 6.000 euro) e giunti ora a 7/8.000 euro sono, in termini di potere d’acquisto, meno dei soldi che raccoglievamo nel 2001. Il potere di acquisto si è ridimensionato al ribasso posto il fatto che, ad eccezione dei costi inerenti l’elettronica, tutto si è drammaticamente rincarato. Se il costo per una Campagna Pubblicitaria sulla rivista Gelato Artigianale è aumentato dell’1% annuo, un caffè è aumentato in vent’anni del 140% pari al 7,2% all’anno. Siamo quindi andati ad analizzare lo stato del settore e ci siamo rapidamente resi conto che non é la rivista ad aver perso marginalità e potere d’acquisto ma è il settore tutto. In gelateria l’aumento della concorrenza (raddoppio delle gelaterie/rivendite di gelato e altre attività parallele concorrenti al medesimo) e l’aumento del numero di aziende fornitrici ha ingenerato una corsa al ribasso dei prezzi. La base 50 grammi di una notissima azienda viaggiava nel 2001, in Italia sui 20.000 lire/ Kg e e in Germania sui 19 Marchi Tedeschi: dopo 20 anni notiamo che i prezzi sono sostanzialmente rimasti al palo (14 euro al kg). Il gelatiere ha sostenuto in media in 20 anni un aumento dei prezzi dei semilavorati pari al 2% annuo. Una miseria rispetto a settori concorrenti e attigui. Il problema fondamentale è che per troppo tempo il gelatiere ha preferito (con successo) scaricare sui fornitori l’aumento dei costi di gestione della gelateria (fiscalità, personale, affitto, bollette) mentre ha sempre temuto di chiedere l’aumento al proprio cliente finale. La gelateria si è trovata in questa “guerra tra poveri” anche perché negli anni si sono moltiplicate le aziende e la corsa al ribasso dei prezzi che ne è nata ha facilitato questo trasformismo tutto fuorché positivo. Ne consegue che il costo al Kg del gelato artigianale è aumentato meno del gelato industriale, e meno anche di tanti altri prodotti. Si veda a titolo esemplificativo la tabella sottostante: Già da questa comparazione a vent’anni si vede che il gelato artigianale, a differenza di tanti altri prodotti, è stato meno capace di adeguarsi al crescente aumento dei prezzi. Se il parallelismo più preoccupante è quello legato all’evoluzione del prezzo tra artigianale e ice cream (con una minor redditività del 61% dell’artigianale in 20 anni), ancora più paradossale è il prezzo al kg del gelato venduto sul cono: nel 2002 un cono costava 1,50 € (10 € al chilo). Con più il gelatiere cerca di risparmiare sulle materie prime con più si fa del male perché il gelato è piacere. Se la qualità non è massima il cliente non ha motivo di tornare in quella gelateria. Se il gelatiere non persegue la massima qualità non ha capito niente. In altre parole il prezzo al kg di gelato venduto sfuso (cono, coppetta) era più basso di circa il 10% rispetto al prezzo di vendita al kg. Vendere oggi un cono o coppetta da 150 gr. a 2,50 euro significa vendere il proprio prodotto a 16,66 euro. Chi invece vende cono/coppetta a 3,00 euro è già più bravo poiché sta vendendo il proprio prodotto a 20 euro al Kg. Ma a quanto vende (al chilo) l’Algida il suo cornetto classico? A 26,66 euro al chilo. Per un prodotto industriale, a lunga conservazione con una insufflazione di aria molto maggiore. Per troppo tempo il settore si è concentrato su battaglie contro “i mulini a vento”: chi era più artigiano dell’altro, chi usava meno emulsionanti, meno coloranti. Nel frattempo il settore perdeva di redditività in modo disarmante, dando anche un messaggio implicito non corretto al consumatore (minor prezzo = minor qualità). Questa battaglia tra poveri non ha aiutato nessuno: le attività hanno ridotto la loro marginalità, i servizi e il personale, le aziende fornitrici hanno ridotto gli incassi perdendo in potenzialità di ricerca e sviluppo. Questo continuo depauperamento da ultimo non ha aiutato nemmeno il cliente finale: giacché ad un minor incasso, prima o poi, si fa fronte con una minor qualità di prodotto. Avere un prezzo coerente con la qualità che si offre aiuterebbe l’intero settore: maggiore qualità, migliore servizio, maggiore ricerca e sviluppo. Affermare che il cono di un eccellente gelato artigianale debba oggi costare 4,50 euro (30 euro al Kg) è assolutamente corretto. Di conseguenza anche il prezzo di vendita del gelato da asporto dovrebbe posizionarsi attorno ai 30 euro/Kg. Negli anni a venire il nostro settore avrà l’importante compito di posizionarsi attorno ai 35 euro al Kg. Alle obiezioni più comuni che questo intervento solleverà come i miei concorrenti della gelateria vicina, con prezzo più basso, beneficeranno dei miei aumenti; oppure il cliente vede un prezzo alto può scegliere di servirsi altrove; voglio sottolineare che il prezzo determina il posizionamento di mercato della vs. attività e del vs. prodotto. Come i latini dicevano, “recte faciendo neminem timeas”: se fate un prodotto di qualità perché avere timore di farlo pagare il giusto? Anche quando vi recate in un ristorante dal menù a prezzo fisso o andate in uno stellato Michelin state compiendo una scelta di prezzo, di qualità, di emozione che l’esperienza saprà trasmettervi. Esistono naturalmente clienti per entrambe le fasce di prezzo: non abbiate timore di cercare nuovi clienti più votati alla qualità. Appare chiaro che chi riesce a vendere (e vendere bene) ad un prezzo più alto è più bravo di tutti gli altri: lo sforzo sarà comunicativo, dovrete far comprendere al cliente le vostre scelte (è finita l’era del gelato d’impulso e l’assioma “espongo quindi vendo”). Strada facendo il cliente si sta facendo sempre più esigente: dategli quello che cerca, anzi, dategli qualcosa in più, ma fatevi pagare il giusto! Alzare i prezzi costituisce oggi un dovere per tutelare le nostre attività, dando il giusto valore al nostro operato e, da ultimo, metterci al riparo dagli aumenti dei prezzi delle materie prime che inevitabilmente costringeranno nei mesi a venire i vostri fornitori ad alzare i prezzi. Chiarita la necessità di alzare i prezzi offrendo maggiore qualità, nei prossimi numeri tratteremo i concetti di qualità/identità/volumi e guadagno/diversificazione e destagionalizzazione. ll testo proposto è a cura di Marco Levati della rivista Gelato Artigianale
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