Quando il direttore Levati mi chiamò per illustrarmi il progetto di questo numero speciale dedicato all’innovazione in gelateria, stavamo uscendo dalla temutissima terza ondata, la prima edizione del Sigep dopo decadi era stata cancellata, la seconda stagione di gelateria post Covid era alle porte. Per parlare di innovazione, ritengo che sia imprescindibile conoscere dettagliatamente lo stato dell’arte in cui un settore, una filiera, o più semplicemente un macchinario o un processo si trovano. Già questo assunto, lo confesso, generava e genera tuttora in me un profondo senso di gratitudine verso chi mi sta dando questa opportunità. Se è vero che il mio curriculum in gelateria è molto più breve di quello di stimatissimi colleghi che scrivono dalle colonne di questa rivista ed ai quali mi rivolgo con grande rispetto ed umiltà, è anche detto che, nel bene e nel male, con dieci anni di attività alle spalle, il lancio di una fra le prime gelaterie “E-free” d’Italia, l’esperienza totalizzante di Bloom ed un lavoro consulenziale per importanti aziende di macchinari, di ingredienti; uno sguardo variegato su questo fantastico mondo posso tentare di fornirlo. Tornando dunque al tema dello stato dell’arte del settore allo scoppio della crisi sanitaria nel marzo dello scorso anno, possiamo cercare di descrivere tale situazione, senza avere nessuna pretesa di esaustività, prendendo in esame sei livelli di analisi:
Per quanto riguarda il conto economico delle attività di gelateria artigianale, tendenzialmente, negli anni dieci del 2000, la redditività ante imposte di una classica azienda di produzione e vendita si attestava al 10-13% se correttamente gestita e se, vale la pena sottolinearlo, la proprietà oltre alla parte artigianale e commerciale, seguiva e curava anche quella imprenditoriale e di management dell’azienda. Purtroppo, ciò cui abbiamo assistito, non sempre è stato assimilabile alla situazione sopra riportata. La crescente saturazione delle imprese di questo tipo unita a situazioni dove i costi fissi, primo fra tutti la voce dell’affitto, per diversi motivi, erano totalmente fuori controllo, ha portato molte aziende a chiudere gli esercizi di bilancio in parità o addirittura in lieve perdita per diversi anni consecutivi. A questo proposito, occorre ricordare che una buona percentuale delle attività di produzione e vendita di gelato artigianale sono tutt’oggi riconducibili a forme societarie quali S.A.S o S.N.C (società di persone responsabili in solido). Fra i motivi dunque di scarsi o assenti investimenti in formazione, training del personale e know- how in generale cui abbiamo assistito negli ultimi anni, dobbiamo dunque annoverare il limitato potere di investimento dato da bilanci magri, oltre che una scarsa propensione endemica e sistemica. In altri termini, da un lato il gelatiere startupper, una volta avviata l’attività e portato a termine il suo “piano studi” professionalizzante, difficilmente è tornato ad investire in know-how per i successivi 3/5 anni all’avvio della sua attività; dall’altro, il gelatiere depositario della tradizione dell’attività famigliare, avvenuto il passaggio di staffetta generazionale, ha sentito poco la necessità o l’impulso di aggiornare il suo bagaglio sia tecnico che gestionale. Di conseguenza, spesso e per inerzia, gli addetti impiegati alla produzione ed alla vendita, sono stati formati con scarsa dedizione e cura; questo anche perché il turnover molto elevato delle risorse e l’offerta di lavoro reperibile da parte dell’azienda in maggioranza di natura stagionale e/o saltuaria, a tutti gli effetti, non permettevano policies differenti. Quando questo accade, tuttavia, si depotenzia la natura stessa dell’attività artigianale e la sua unicità; sopratutto si depotenzia la cinghia di trasmissione laboratorio-punto vendita, troppo spesso sottovalutata nel valutare gli elementi alla base del successo imprenditoriale della stessa. Una gelateria, ovvero l’insieme organico di laboratorio e punto vendita, a mio modesto avviso, dovrebbe vivere della stessa aria e non a compartimenti stagni; un artigiano avulso dal contatto e dallo scambio costante di feedback con la sua clientela (vuoi on line ed off line) difficilmente vedrà prosperare le proprie entrate. Allo stesso modo un imprenditore ‘one man show’ della pedana, allergico però al laboratorio, difficilmente potrà comunicare al meglio le proprie peculiarità, i punti di forza del proprio prodotto e trasmettere tutta la travolgente passione che sta alla base dello stesso. Per quanto riguarda invece la percentuale di disinvestimenti residuali nell’attrezzatura di produzione e vendita, invece, occorre essere sinceri anche se tranchant. Il parco macchine delle gelaterie italiane, nella maggior parte dei casi almeno, appare essere vetusto ed obsoleto. Laddove negli anni si sia voluto procedere a restyling o ammodernamenti del locale, questi hanno riguardato soprattutto il punto vendita, lasciando indietro il cuore pulsante dell’attività. Non investendo e non adeguando le macchine di produzione, purtroppo, non si possono abbassare ad esempio i consumi energetici ed idrici, con conseguente impatto negativo sull’ambiente, e, soprattutto, non si possono sfruttare una serie di opportunità, prima fra tutte, l’aumento della gamma di prodotti realizzabili, che le aziende produttrici di macchine hanno cercato di raggiungere ed offrire all’artigiano negli ultimi anni. Non solo, senza un necessario upgrade della catena del freddo, l’artigiano rimane ancorato a schemi produttivi e di impiego della forza lavoro ormai anacronistici e totalmente insostenibili. A livello di differenziazione dell’offerta in un’ottica non solo di destagionalizzazione ma anche di estensione dell’orario di apertura quotidiano, sono state fatte in questi anni operazioni molto importanti da parte delle gelaterie artigianali italiane. Se da un lato ai prodotti più propri di gelateria ma destinati ad una consumazione domestica quali stecchi, ghiaccioli, torte gelato, semifreddi e bicchierini/ monoporzioni gelato, in questi anni, abbiamo assistito alla proposta sempre più crescente di prodotti di cioccolateria, dai più semplici ai più complessi; confetture e marmellate varie e lievitati di vario genere ma, occorre dirlo, specialmente da ricorrenza; dall’altro, sempre più gelaterie “pure”, hanno allargato il loro orario di apertura al mattino o, in ogni caso, hanno investito tempo e risorse nel potenziamento e nell’allargamento della loro proposta in fasce orarie storicamente poco forti per la gelateria artigianale come quella del pranzo, della cena o dell’aperitivo. Questo insieme di iniziative ha portato finalmente a vedere la gelateria non solo come una attività aperta al pubblico per sei o sette mesi all’anno e per, grosso modo, 12h al giorno ma come ad un’attività che, potenzialmente, può generare introiti per tutto l’anno e per più ore al giorno. Anche per quanto riguarda l’ingredientistica, negli ultimi anni, abbiamo assistito a evoluzioni molto interessanti. Se da un lato un punto di cesura e di svolta molto importante, nel mercato italiano, è stato l’avvento di Grom e della filosofia di scelta degli ingredienti che vi soggiaceva; dall’altro, le aziende di semilavorati hanno continuato ad offrire sempre una maggiore varietà di offerte, sempre più diversificate, per cercare di coprire sempre meglio esigenze produttive e gusti dei gelatieri che vi si affidano nella elaborazione del loro prodotto finito. In generale, la qualità proposta dai gelatieri in questi anni è salita, la presenza di additivi chimici, sopratutto conservanti, antiossidanti, coloranti ed emulsionanti di sintesi è scesa e la palette dei gusti offerti si è fatta più creativa e personale, nonché legata al territorio di elezione. Ad un generale aumento della qualità ingredientistica, tuttavia, non ha fatto da contraltare, nei laboratori artigiani, un cambiamento dei processi di sanificazione e stabilizzazione delle miscele lattee, di trattamento della frutta per la realizzazione di granite e sorbetti e di mantecazione in genere. Al contrario, passi da gigante sono stati fatti nella gestione della catena del freddo e dello stoccaggio/rinvenimento dei prodotti; questo, laddove applicato, ha portato anche una buona razionalizzazione della mano d’opera impiegata, nonché delle utenze con conseguenti risparmi sul conto economico globale. Anche la comunicazione, intesa a 360 gradi, negli ultimi anni è stata particolarmente valutata con attenzione dal gelatiere artigianale. I fattori scatenanti di tale interesse sono molteplici. Da un lato l’avvento sul mercato italiano di catene in franchising che della comunicazione e del marketing on-line ed off-line hanno fatto da sempre il loro punto di forza, dall’altro la crescente saturazione del mercato con conseguente e fisiologica necessità di comunicare le proprie peculiarità ed i propri punti di forza ed, infine, l’aumento ed il progressivo aumento della qualità media dei contenuti proposti, vedi punto precedente, con conseguente maggior spinta e volontà alla comunicazione ed alla “messa in vetrina” degli stessi. Da quanto scritto sopra, possiamo ricavare una immagine del gelatiere artigianale degli ultimi anni decisamente più attento agli ingredienti ed alla sua offerta, attento alla comunicazione dei suoi punti differenzianti e valoriali e mediamente propenso ad introdurre nuovi prodotti per migliorare la redditività della sua impresa al fine ultimo di allungare la stagione e di sfruttare meglio alcune fasce orarie. La domanda che dovremmo porci, giunti a questo punto, è dunque riguardante il perché la crisi pandemica abbia colpito così duramente queste realtà, mettendo addirittura a repentaglio la sussistenza di molte attività. In primo luogo occorre discernere. Molte delle attività colpite più duramente sono state startup molto giovani che, per forza di cose, non potevano avere le fondamenta per resistere ad un crollo del cash-flow così prolungato. Molte altre attività situate in zone dove sono crollati i flussi turistici o di lavoratori pendolari o ancora di studenti fuori sede si sono ritrovate a non poter contare improvvisamente sul loro bacino di utenza abituale dovendo, di fatto, al fine di sopravvivere, appropriarsi di nuovi target o reinventarsi in toto. In una situazione totalmente imprevista che ha cambiato non solo il modo di fruizione del gelato ma anche degli spazi della gelateria e degli spazi pubblici in genere; l’imprenditore del gelato si è ritrovato nella condizione di dover cambiare tutto per non cambiare nulla, o almeno, si spera, per non rinunciare alla profittabilità della sua azienda. In questo contesto, possiamo persino vedere nella crisi sanitaria ed economico-sociale come un grande acceleratore di cambiamento che le imprese devono riuscire a cavalcare per presentarsi al post-covid sui giusti blocchi di partenza. Le gelaterie devono dunque trovare le energie e le risorse, ricorrendo anche allo strumento del debito sostenibile, per innovare e cambiare, soprattutto per sopravvivere in un mondo, dove la competizione è molto alta. L’adozione di gruppi auto-diretti e strutture orizzontali che facilitano la comunicazione e la collaborazione fra diverse parti dell’impresa è fondamentale; mai come in questo periodo le risposte devono essere sì concertate e valutate attentamente ma anche rapide. Abbattere le frontiere di spazio e tempo fortemente penalizzate, limitatamete alla possibilità di fruizione del prodotto gelato e del servizio gelateria attraverso l’e-commerce o delivery strutturato attraverso piattaforme di aggregazione, può essere una risposta all’emergenza del momento a patto che, a fianco del prodotto venduto, si cerchi di valorizzare l’esperienza di acquisto/fruizione. Occorrerà dunque anche strutturarsi per seguire i propri clienti, tracciarli e valutare i nuovi dati di consumo degli stessi. Un’altra via di innovazione commerciale è senza dubbio rappresentata anche dalla creazione o implementazione delle joint venture e dei consorzi per fare gruppo e pensare di estendere la propria rete commerciale a mercati prima inavvicinabili o non considerati per nulla. In effetti, il non dover prescindere più dal consumo di impulso ed il successivo strutturarsi per raggiungere il cliente presso il proprio domicilio, allarga il raggio d’azione del gelatiere. Viene a cadere il criterio di territorialità o prossimità nel cliente finale per la scelta di acquisto. Questo libera anche enormi possibilità; la qualità dell’offerta, paradossalmente torna centrale. La gelateria moderna deve fare fronte anche alla necessità di un cambiamento strategico e culturale di vasta portata e della applicazione di innovazioni rapide e continue nella tecnologia, nei servizi, nei prodotti e nei processi. Cambiamento incrementale e cambiamento radicale mai come in questo periodo devono viaggiare parallelamente ed in sincrono. I cambiamenti intrapresi per adattarsi all’ambiente ed al tempo storico possono essere di due tipi: il cambiamento incrementale riguarda una serie continua di progressi che mantengono l’equilibrio generale dell’organizzazione di produzione, di vendita e del lavoro influenzandone solo una parte. Questo cambiamento si verifica solitamente nell’ambito della struttura e dei processi di gestione consolidati e può comprendere miglioramenti di prodotto, miglioramenti tecnologici o miglioramenti dei canali di vendita con quanto ne segue. Il cambiamento radicale è un opera di rottura con il modello di riferimento dell’organizzazione dell’impresa che mira a trasformarla interamente. Questo cambiamento comporta la creazione di una nuova struttura e di nuovi processi di gestione. La nuova tecnologia è fortemente innovativa ed i nuovi prodotti creati danno vita a nuovi mercati. I cambiamenti indotti nell’impresa possono poi essere divisi in quattro sub-tipologie strategiche. Cioè l’imprenditore artigiano, in questo caso, può focalizzarsi su quattro tipi di cambiamento, nell’ambito dell’organizzazione d’azienda, per conseguire uno specifico vantaggio strategico. I cambiamenti tecnologici sono variazioni nel processo produttivo di un’organizzazione, compresa la sua base di conoscenza e capacità, che permettono di creare una competenza distintiva e sono progettati per rendere la produzione più efficiente o per riuscire a ottenere un volume di output maggiore o, ancora, per avere prodotti la cui qualità percepita dal cliente finale risulta essere più alta. I cambiamenti tecnologici riguardano le tecniche utilizzate per realizzare prodotti o fornire servizi e comprendono metodi di lavoro, macchinari e flusso del lavoro. I cambiamenti di prodotto e di servizio riguardano gli output di un’organizzazione in termini di prodotto o servizio. I nuovi prodotti possono risultare da piccole modifiche di prodotti esistenti o derivare da linee di prodotto completamente nuove. I nuovi prodotti e servizi sono generalmente progettati per aumentare la quota di mercato o per raggiungere nuovi mercati, consumatori o clienti. I cambiamenti di strategia e struttura sono relativi alla sfera amministrativa di un’organizzazione, che riguarda la supervisione e gestione dell’organizzazione. Tali cambiamenti riguardano la struttura organizzativa, la gestione strategica, le politiche di assunzione e di training del personale nonché i sistemi di ricompensa. Solitamente i cambiamenti di struttura e di sistemi avvengono dall’alto al basso, mentre i cambiamento di prodotto e tecnologia emergono spesso dalla base dell’organizzazione. In altri termini è facile che in una gelateria, dove i ruoli sono ben distinti, che sia l’imprenditore a mettere sul campo i primi, mentre i secondi verranno più probabilmente introdotti dai tecnici di laboratorio o dagli addetti alla vendita con più esperienza. I cambiamenti culturali si riferiscono a cambiamenti nei valori, nelle attitudini, nelle aspettative, nelle opinioni, nelle capacità e nel comportamento dei dipendenti. Essi consistono in modifiche nel modo di pensare dei dipendenti e sono quindi di approccio mentale piuttosto che di tecnologie, struttura o prodotti. Qualsiasi azienda che non sviluppa, modifica, acquista nuove tecnologie si troverà con ogni probabilità fuori dal business, nel giro di poco tempo. Un’organizzazione innovativa è caratterizzata da flessibilità, responsabilizzazione dei dipendenti e assenze di regole di lavoro rigido. Le dinamiche del cambiamento sono di solito associate a organizzazioni organiche ed informali, queste, infine, sono considerate la forma migliore di organizzazione per l’adattamento a un ambiente caotico ed estremamente volubile come quello che stiamo vivendo. La flessibilità di un organizzazione organica è attribuita alla libertà delle proprie risorse di creare e introdurre nuove idee, che scaturiscono dai dipendenti dei livelli intermedi e inferiori, perché a essi viene data la libertà di proporre idee e fare esperimenti. Una struttura meccanica soffoca l’innovazione attraverso l’enfasi sulle regole, ma spesso è la struttura migliore per realizzare efficientemente prodotti di routine e standardizzati quale non può e non dovrebbe essere considerato un gelato artigianale di qualità. Tuttavia, una certa dose di standardizzazione è necessaria per replicare un prodotto artigianale nel tempo e per garantire, almeno, degli standard identificati dall’imprenditore come standard o ideali di servizio. Per raggiungere entrambi gli aspetti del cambiamento tecnologico, molte organizzazione utilizzano “l’approccio ambidestro”. L’approccio ambidestro consiste nell’incorporare e far coesistere strutture e processi di gestione che sono appropriati sia per la creazione sia per l’utilizzo dell’innovazione. L’azienda diventa in questo modo adattiva riguardo alle situazioni in cui andrà ad immergersi. Può così comportarsi in modo organico, quando la situazione richiede l’avvio di nuove idee, e in modo meccanico, per implementare e utilizzare le idee stesse. Alcune delle tecniche utilizzate dalle aziende per mantenere un approccio ambidestro riguardano la creazione di strutture mutevoli, unità creative separate, venture team e compartimenti di ricerca e sviluppo separati ed esternalizzati. Per strutture mutevoli si intende che un organizzazione crea una struttura organica all’occorrenza, ovvero nel momento in cui una di queste si rende necessaria per l’avviamento di nuove idee; questo potrebbe essere il caso di molte gelaterie che si trovano a fronteggiare un problema totalmente imprevisto come una crisi pandemica, un cantiere nelle immediate prospicenze del punto vendita, l’apertura di un competitor nelle immediate vicinanze ecc... Le unità creative, invece, presuppongono una loro presenza più continuativa e strutturata nell’azienda. In molte organizzazioni l’avviamento di una innovazione è affidato a unità creative separate. I venture team sono una tecnica utilizzata per dare libero sfogo alla creatività all’interno delle organizzazione. Spesso ai venture team vengono assegnati luoghi di lavoro e strutture separate, in modo che non siano limitati da procedure organizzative. Un venture team assomiglia a una piccola azienda all’interno di una grande azienda. I venture team sono spesso composti da quelle risorse meno inclini all’omologazione ed alla rigidità delle regole procedurali dell’azienda. In questo habitat trovano invece modo di esprimere la loro creatività e di rendere servizio all’impresa. L’imprenditorialità aziendale interna mira a sviluppare uno spirito imprenditoriale e una struttura che producano un numero di innovazioni superiori alla media. L’innovazione viene promossa a sistema e diventa quasi il credo stesso dell’azienda. Essa implica l’utilizzo delle unità creative e dei venture team, ma tenta anche di liberare l’energia creativa di tutti i dipendenti coinvolti a vario titolo nell’impresa. Spesso si creano e vengono forgiati dei veri e propri campioni del cambiamento i quali vengono indicati, il più delle volte, come fautori o agenti del cambiamento stesso. Il campione gestionale agisce invece come sostenitore e sponsor dell’idea, per proteggerla e promuoverla all’interno dell’organizzazione; riconosce dunque le potenziali applicazioni dell’idea e spesso possiede il prestigio e l’autorità per assicurarle una sufficiente visibilità e l’allocazione di risorse. I campioni tecnici e gestionali lavorano spesso insieme, dal momento che un’idea di carattere tecnico avrà maggiori possibilità di successo se si trova un manager che lo sponsorizzi. Nel caso in cui l’innovazione si concentri sulla creazione di un prodotto nuovo, è altamente probabile che quel prodotto sia stato progettato per essere venduto in un ambiente. Nonostante le varie ricerche di mercato effettuate a monte, gli svariati panel test e magari an-che la creazione di qualche campione prova da testare in vivo; l’incertezza sulla rispondenza alle necessità e sul successo di un’innovazione è molto alta. Vi è dunque molta incertezza associata allo sviluppo e alla commercializzazione di nuovi prodotti, i quali spesso si rivelano un fallimento, ma fa tutto parte della logica di mercato di ogni settore. Le aziende di prodotti alimentari confezionati spendono miliardi nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, ma molti di essi fallisco- no ogni anno. Le aziende corrono questo rischio perché l’innovazione di prodotto è uno dei modi principali con cui esse si adattano ai cambiamenti che si verificano nei mercati, nelle tecnologie e nel gioco competitivo insito nel mercato stesso. Per essere definito di successo, tuttavia, il nuovo prodotto deve superare tre stadi di sviluppo: completamento tecnico, commercializzazione e successo di mercato. Il successo di un’innovazione è legato alla collaborazione tra le unità tecniche e di marketing. La progettazione organizzativa, per l’ottenimento di un’innovazione di prodotto, coinvolge tre aspetti: specializzazione a livello di unità organizzative, ruoli di confine, e collegamenti orizzontali. Le unità chiave nel processo di sviluppo di un nuovo prodotto sono la ricerca e sviluppo o chi per esso (vedi sopra), il marketing e la produzione. Il personale di tutte e tre queste unità dovrà dunque essere estremamente competente circa i propri compiti, in quanto le varie unità hanno competenze, obiettivi e attitudini appropriati alle loro specifiche funzioni. Questo aspetto si traduce nel fatto che il personale delle unità tecniche, di marketing e di produzione condivide idee e informazioni cooperando tra di loro. La decisione di lanciare un nuovo prodotto è in definitiva, nelle aziende medio strutturate, una decisione congiunta di tutte e tre le unità. La maggior parte delle aziende si sforza di promuovere un alto livello di comunicazione e coordinamento sin dall’inizio della progettazione del prodotto e del processo di sviluppo. La rapidità nello sviluppo di nuovi prodotti sta diventando anche nella gelateria artigianale una delle principali armi strategiche nel mutevole mercato. Le aziende trasformano le idee in prodotti e servizi nuovi velocemente. La concorrenza basata sul tempo prevede che i prodotti e i servizi vengano consegnati più rapidamente dei concorrenti, ottenendo un vantaggio competitivo. Gli aspetti fondamentali per la realizzazione di un prodotto innovativo dunque, oltre a quelli visti sopra, appaiono consistere anche di un uso più efficace di tecnologia e di aiuti esterni e di un supporto decisionale fondamentale da parte dell’imprenditore o da parte della direzione generale proveniente dai manager con maggiore competenza e autorevolezza. Tutte le aziende e con esse anche le gelaterie artigianali, hanno avuto la necessità di operare cambiamenti radicali nella strategia, nella struttura e nei processi di gestione, per adattarsi a nuove esigenze competitive. Molte aziende medio strutturate stanno tuttavia decentrando il processo decisionale, eliminando i livelli di management. C’è uno spostamento verso strutture orizzontali, con team di personale di front line, avente la responsabilità di prendere decisioni e risolvere i problemi autonomamente. Le aziende possono essere viste come dotate di due nuclei, uno tecnico ed uno amministrativo. Il nucleo amministrativo è in una posizione superiore rispetto al nucleo tecnico. La responsabilità del nucleo amministrativo include la struttura, il controllo e il coordinamento dell’organizzazione nel suo complesso e riguarda le sfere ambientali del governo, delle risorse finanziarie, delle condizioni economiche generali, delle risorse umane e dei concorrenti dell’azienda. Il nucleo tecnico ha a che fare con la trasformazione delle materie prime in prodotti e servizi e coinvolge le sfere ambientali relative ai clienti e alla tecnologia. In una struttura organica, i dipendenti dei livelli inferiori hanno maggiore autonomia e libertà e possono opporre resistenza alle iniziative prese dall’alto e trasmesse agli altri livelli dell’organizzazione. Questo tipo di struttura è adatta per frequenti cambiamenti tecnologici e sui prodotti. I cambiamenti tecnici, avvengono nelle tecniche di produzione e nella tecnologia per l’innovazione e la creazione di nuovi prodotti, risultano facilitati da una struttura organica. L’approccio duale al cambiamento organizzativo mette a confronto i cambiamenti di natura amministrativa, che riguardano la progettazione e la struttura dell’organizzazione (processi di ristrutturazione, gruppi di lavoro, sistemi di controllo ...), e quelli di natura tecnica. I cambiamenti amministrativi si verificano con meno frequenza di quelli tecnici, e si verificano in risposta a vari settori ambientali e seguono un processo interno diverso da quello che caratterizza i cambiamenti tecnologici. Le aziende sono formate dalle persone e dai rapporti che questehanno le une con le altre. Per dirla citando Philip Kotler: Vi sono due tipi di aziende; quelle che cambiano e quelle che scompiano. Di tutti i cambiamenti e le innovazioni finora trattate, l’innovazione culturale è di gran lunga la più complessa da ottenere. Cambiare la cultura aziendale modifica il modo in cui viene svolto il lavoro in un’organizzazione e conduce a un impegno e una responsabilizzazione rinnovati da parte dei dipendenti e ad un legame più forte tra azienda e clienti. La fase di realizzazione del cambiamento è la parte più importante del processo ma anche la più difficile, in quanto il cambiamento comporta trasformazioni impegnative e costituisce motivo di disagio per i manager e per i dipendenti. Le organizzazioni di oggi hanno bisogno di leader in grado di riconoscere chiaramente la necessità del cambiamento e far si che questo si concretizzi realmente. I leader si rendono conto che il cambiamento non è indolore per i dipendenti e imparano a mettersi nei loro panni e a sviluppare rapporti di partnership che rendono possibile la realizzazione di un cambiamento efficace. Un cambiamento ha successo solo quando i dipendenti sono disposti a dedicare il tempo e l’energia necessari per raggiungere nuovi obiettivi , e sopportare anche tensioni e difficoltà, per questa ragione occorre non sottovalutare l’importanza del cambiamento culturale anche nelle aziende di gelateria. I leader si occupano di costruire un senso di impegno comune a livello dell’intera organizzazione (we identity), facendo attraversare ai dipendenti i tre stadi del processo di sviluppo dell’impegno nei confronti del cambiamento:
Alcuni fra i motivi più comuni di resistenza al cambiamento sono i seguenti:
Esistono tuttavia diverse tecniche che possono essere utilizzate per realizzare un cambiamento con successo in seno ad un’azienda. Si può diffondere un senso di urgenza e necessità al cambiamento, quando l’imprenditore riscontra una reale necessità di cambiamento oppure si può istituire una coalizione per guidare il processo di cambiamento dove alcune risorse dell’azienda formano una coalizione di persone provenienti da ogni parte dell’organizzazione che abbiano il potere e l’influenza sufficienti a guidare il processo di cambiamento, oppure, ancora, creare una visione e una strategia per raggiungere il cambiamento, i leader si concentrano sulla formulazione e l’articolazione di una visione convincente e di una strategia che guideranno il processo di cambiamento. Con questo elaborato, ho voluto offrire il mio modesto contributo al tema del cambiamento in gelateria post covid fornendo sopratutto un frame cognitivo nel quale andare ad inquadrare i contributi certamente più specifici di miei stimatissimi colleghi e, chissà, miei futuri contributi sul tema dalle colonne di questa rivista. Ogni imprenditore sa per certo cos’è meglio cambiare per la sua azienda; il cambiamento nasce da una tensione fra condizione auspicata e condizione reale dell’azienda. Non sempre, tuttavia, l’imprenditore ha la lucidità di inquadrare il problema del cambiamento e dell’innovazione in un contesto più ampio che gli permetta di capire i giusti passi cognitivi e strategici per realizzarlo e metterlo in opera. Auspico che questo mio articolo possa servire proprio a questo. ll testo proposto è a cura di Gianluca Degani della rivista Gelato Artigianale
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